29 novembre 2012

Missione Libia 2011: ciò che non ci avevano detto

da Francoforte sul Meno, Germania
L'Eurofigher Typhoon, uno dei velivoli che ha preso parte alla missione "Unified Protector" (Fonte: Wikipedia)
In Libia, i nostri aerei parteciparono a 1900 raid e 456 bombardamenti. Ciò che sulla missione italiana del 2011 non sapevamo, semplicemente non poteva essere detto. Si è saputo, però, in occasione della presentazione di un libro.

Il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, il Generale Giuseppe Bernardis, durante il suo intervento lo scorso 28 novembre, ha detto che "è stata fatta un'attività intensissima che è stata tenuta per lo più nascosta al padrone vero dell'Aeronautica Militare, che sono gli italiani, per questioni politiche, per esigenze particolari. C'erano dei motivi di opportunità, ci veniva detto, e noi chiaramente non abbiamo voluto rompere questo tabù che ci era stato imposto. Questo è il motivo per cui questo volume esce solo adesso, un anno dopo".

Alla presentazione hanno partecipato il Generale di Squadra Aerea Paolo Magro, Direttore per l’Impiego del Personale dell’Aeronautica Militare, il Generale di Brigata Aerea Claudio Salerno, Capo del 5° Reparto dello Stato Maggiore Aeronautica, il Colonnello Mauro Gabetta, Comandante del 37° Stormo di Trapani e il dott. Fabio Chiucconi, giornalista del TG2.

Frasi che trovano riscontro con l’atteggiamento ambiguo dell’allora governo Berlusconi che alla vigilia delle prime missioni dei nostri velivoli negava un loro impiego in azioni dirette. Per poi cambiare posizione in corsa sotto le pressioni della comunità internazionale.

Il generale continua: “L'unico rammarico che ho avuto - scrive Bernardis nella prefazione del libro - è quello di non aver potuto fornire all'opinione pubblica un resoconto puntuale del nostro operato, per evitare ogni possibile strumentalizzazione. Questo volume colma in parte quel vuoto.”

A dirla tutta, c’è anche da dire che in effetti la Camera dei Deputati ha pubblicato regolarmente una “cronologia dell’impegno italiano nella crisi libica.” Ciò che risalta è la totale mancanza di riferimenti ad azioni di combattimento, se non a generici rimandi al “rispetto del mandato”.

Spiccano, tuttavia, due aggiornamenti. Quelli del 20 marzo e del 29 aprile 2011:
20 marzo: La prima missione italiana nell’ambito dell’operazione “Odyssey Dawn” è iniziata alle ore 20.00 con il decollo di sei velivoli Tornado dell’Aeronautica Militare dall’aeroporto di Trapani Birgi per condurre azioni di accecamento o soppressione delle difese aeree radar libiche. La missione si è conclusa positivamente con il rientro dei velivoli alle 22.20 nell’aeroporto di partenza. Sono stati impiegati quattro Tornado ECR supportati da due Tornado “Tanker” per il rifornimento in volo. L’Aeronautica militare ha spiegato che la missione ha come obiettivo quello di rendere inefficaci le installazioni di difesa aerea nemica e che tale obiettivo può essere conseguito anche senza l’utilizzo di armamenti, in quanto i sistemi radar presenti sul territorio ostile vengono appositamente spenti per non essere localizzati e poi colpiti.
29 aprile: Il Ministro della difesa ha comunicato alla stampa che l’Italia fornisce gli assetti aerei alla NATO e che sarà eventualmente sempre la NATO a dare informazioni sulle missioni. “La NATO non distingue tra l'aereo francese, l'italiano, l'inglese: ha a disposizione i mezzi delle varie nazioni che partecipano alle azioni” Non sarà pertanto il Ministero della difesa italiano a “dire cosa fa l'aereo italiano rispetto al francese o all'inglese. Lo farà, se vorrà, soltanto la NATO”. Allo Stato maggiore della Difesa, il Ministro ha dato disposizioni “per proseguire nella diffusione di un comunicato settimanale. Se ci saranno notizie particolari, ci sarà anche un comunicato al giorno”.
Con il primo, i nostri governanti ci rassicurano che è possibile raggiungere gli obiettivi della missione assegnataci anche senza l’uso di armi. Con il secondo, lo Stato ci comunica gentilmente che dal momento che i nostri uomini e mezzi passano sotto il controllo della NATO, non sarà più cura delle nostre istituzioni quella di spiegare agli italiani l’entità del nostro intervento. Per quanto riguarda poi l’impegno dello Stato maggiore della Difesa alla diffusione di un comunicato settimanale, le dichiarazioni di Bernardis provano che si trattava di un contentino per l’opinione pubblica.

A questo punto possiamo solo sperare che situazioni e comportamenti del genere da parte del Governo nei confronti dei cittadini non si ripetano in futuro. Forse potrebbe essere anche qualcosa da tenere a mente quando ci appresteremo a votare alle prossime elezioni.

A meno che qualcuno non si degni di offrire una spiegazione plausibile di questo black-out informativo.