17 novembre 2012

Bengasi: quale verità? [#2]

da Francoforte sul Meno, Germania
Il Presidente Barack Obama e il Generale David Petraeus (fonte: AP)
Bengasi e l'11 settembre 2012 erano un argomento caldo durante la parte finale della campagna presidenziale americana. A salvare Obama, spesso in imbarazzo sulla questione, ci pensò l'uragano Sandy spostando l'attenzione dell'opinione pubblica sulla gestione dell'emergenza. Oggi però, con le elezioni alle spalle e le clamorosi dimissioni dell'ormai ex capo della CIA, David Petraeus, l'argomento è tornato a bussare alle porte della Casa Bianca.

Circa tre settimane fa scrissi un articolo con le mie osservazioni sugli attacchi alla sede diplomatica USA a Bengasi riprendendo un discorso iniziato da Mitt Romney che criticava l'operato di Obama sulla gestione dell'attacco. Nello specifico, Romney accusava Obama di aver nascosto all'opinione pubblica americana, per opportunismo politico, che quanto accaduto a Bengasi non era conseguenza di un video anti-Islam ma di un vero e proprio attacco terroristico. Il repubblicano cercò poi di chiedere spiegazioni sul perché l'ambasciatore americano alle Nazioni Unite, Susan Rice, avesse più volte definito l'attacco in Libia una manifestazione spontanea poi degenerata. Per ben cinque volte in altrettanti show televisivi, la Rice ha esposto di fatto la posizione dell'amministrazione Obama.

Critiche che si sono ripetute con più insistenza negli ultimi giorni, più precisamente da quando David Petraeus, eroe americano ed oggi ex capo della CIA, ha rassegnato le dimissioni a quarantotto ore dalla rielezione di Obama. Ufficialmente per motivi personali legati al tradimento della moglie, alla quale è legato da 37 anni, con Paula Broadwell, autrice della sua biografia. Tante, tuttavia, sono le ipotesi che circolano sulle possibili circostanze che avrebbero spinto Petraeus a dimettersi.

Ripercorriamo quindi le tappe principali degli eventi:
  • l'11 settembre il consolato americano di Bengasi viene attaccato. Perdono la vita l'ambasciatore Stevens e altri tre funzionari americani
  • il 12 settembre Obama in un discorso fa un riferimento generico ad "atti di terrore" senza mai definire tale, in modo esplicito, l'attacco del giorno prima
  • il 14 settembre Petraeus durante un briefing con membri del Congresso rinforza l'ipotesi della violenza scaturita in risposta al video anti-Islam
  • il 16 settembre Susan Rice, ambasciatore USA alle Nazioni Unite, sostiene in cinque diversi talk-show televisivi che gli attacchi altro non erano che manifestazioni di protesta violente ma spontanee. La sua versione si sarebbe basata su delle note compilate dall'intelligence americana.
  • il 16 novembre, Petraeus sostiene dinanzi alle commissioni intelligence del Congresso che sospettò sin dall'inizio che si trattava di un attacco terroristico citando, già allora, un possibile coinvolgimento di Al Qaeda. Questo riferimento, tuttavia, è stato rimosso dal suo primo rapporto.
Arriviamo dunque ad oggi e, precisamente, alle 13:30 ore italiane. Sono le 7:30 del mattino a Washington, dove sta per iniziare la prima delle due audizioni di Petraeus davanti ai più alti comitati di intelligence del Congresso. Al termine di due lunghi briefing tenutisi a porte chiuse, emerge che Petraeus avrebbe sin da subito sostenuto l'ipotesi dell'attacco terroristico.

E qui che allora tornano al centro del dibattito le note che furono consegnate alla Rice e sulla base delle quali fu portavoce dell'amministrazione Obama. Petraeus infatti avrebbe sostenuto oggi di non sapere chi può aver "ammorbidito" le informazioni contenute nel suo rapporto prima di consegnarlo alla Rice, togliendo di fatto ogni riferimento ad un atto premeditato di terrorismo. Apparentemente né James Clapper, direttore nazionale dell'intelligence, né Mike Morell, direttore ad-interim della CIA, hanno saputo chiarire, ieri, questa questione. Per la precisione, nessuno sembra in grado di dire chi ha finalizzato il documento che ha poi usato la Rice.

Ci si ritrova quindi in una situazione forse ancor più ingarbugliata. Da una parte Petraeus sostiene che nel rapporto iniziale vi era un chiaro riferimento ad un possibile coinvolgimento di Al Qaeda. Le note che la Rice ha ricevuto e utilizzato, tuttavia, ponevano l'enfasi sulle proteste del Cairo (motivate dal video) senza alcun riferimento a gruppi o atti di terrorismo. Chi e quando, allora, ha modificato le informazioni e finalizzato i suoi appunti per la tv?

Secondo alcuni membri democratici del Congresso si è trattato semplicemente di cattiva gestione delle informazioni e malintesi tra i servizi di intelligence. Altri tuttavia hanno fatto notare alcune sfumature delle dichiarazioni di Obama durante la sua conferenza stampa di mercoledì scorso, la prima dopo le elezioni. In quella occasione ha difeso a spada tratta l'operato della Rice.

Rispondendo alle critiche dei senatori repubblicani McCain e Graham, i quali hanno detto che si opporranno con qualunque mezzo ad una possibile nomination della Rice per l'incarico di segretaria di stato, Obama ha risposto:
"Se il Senatore McCain e il Senatore Graham o altri vogliono prendersela con qualcuno, allora dovrebbero prendersela con me. [...] Ma prendersela con l'ambasciatore presso le Nazioni Unite che non ha avuto nulla a che fare con Bengasi e ha semplicemente fatto una presentazione sulla base delle informazioni che ha ricevuto e infangare la sua reputazione è inaccettabile."
Molti allora, alla luce delle dichiarazioni odierne di Petraeus, hanno speculato sul seguente interrogativo: se il rapporto di Petraeus che faceva riferimento ad Al Qaeda non è stato modificato né da James Clapper, il suo diretto superiore, come lui stesso sostiene, né da altri all'interno delle agenzie d'intelligence; e se è vero che James Clapper riporta direttamente al Comandante in Capo... non sarà mai che alla fine "qualcuno" non abbia davvero messo mano a quel memorandum e lo abbia ritagliato, per la Rice, a misura di talk-show?

Giusto quanto basta per non danneggiare troppo la campagna elettorale a poche settimane dal voto.