21 agosto 2012

Quanto vale un'intervista a pagamento?

da Francoforte sul Meno, Germania
Giovanni Favia in Assemblea legislativa
(Gianluca Perticoni/Eikon studio)
dal sito Repubblica.it
Ha fatto discutere la notizia di rappresentanti regionali eletti nelle liste di partiti come Pdl, Udc, Sel, Lega Nord e il Movimento 5 Stelle che avrebbero pagato per le proprie interviste in tv. Tutti sembrano aver posto al centro della questione se sia giusto o meno usare denaro pubblico per assicurarsi uno spazio televisivo, radiofonico o sui giornali. La questione, semmai, sarebbe da affrontare dal punto di vista opposto, ovvero se sia giusto ed etico che un giornalista, o un’emittente radiofonica o televisiva, richieda un compenso in cambio di interviste?

“Il giornalista rifiuta pagamenti, rimborsi spese, elargizioni, vacanze gratuite, trasferte, inviti a viaggi, regali, facilitazioni o prebende, da privati o da enti pubblici, che possano condizionare il suo lavoro e l'attività redazionale o ledere la sua credibilità e dignità professionale”, così recita la Carta dei doveri del giornalista dell’8 luglio 1993, sotto la voce “incompatibilità.” 

Ora mi chiedo, quanto credibile può essere un servizio o un articolo risultante da un accordo economico? Con quale oggettività un giornalista può riportare fatti e analisi quando colui che intervista lo ha pagato anticipatamente per farlo? Si possono fare domande “scomode”? Oppure viene tutto concordato in modo che il messaggio arrivi ai destinatari secondo i desideri del committente? Insomma, in Italia di cosa stiamo parlando, di vera informazione o pubblicità?

Questo caso, poi, solleva ulteriori interrogativi. Qual è il vero stato dell’informazione italiana? Si tratta di un evento isolato e circoscritto ad un numero limitato di emittenti locali, oppure di una pratica diffusa e consolidata anche nelle maggiori redazioni? Fa bene l'Ordine dei giornalisti, a tal proposito, ad aver avviato un'inchiesta.

In un momento storico come questo, l’Italia di tutto ha bisogno tranne che di un’opinione pubblica più debole e facilmente condizionabile di quanto non lo sia già. C’è sempre più bisogno di un’informazione libera, oggettiva, critica e bilanciata. Soltanto così il cittadino sarà messo in condizione di riappropriarsi davvero di quella Sovranità che reclama e che è un suo diritto-dovere esercitare.