31 agosto 2012

Quando il cittadino è il datore di lavoro dello Stato

da Francoforte sul Meno, Germania
Stamattina (ieri sera negli States), Clint Eastwood ha parlato alla Convention Repubblicana a sostegno di Mitt Romney. Un breve intervento di quasi dodici minuti, durante il quale ha saputo accendere la platea con un'intervista ad un fantomatico Obama. E nel suo messaggio ha anche ribadito un concetto che qui in Italia, purtroppo, credo che in molti abbiamo dimenticato, o abbiamo rinunciato a difendere: sono i politici ad essere alle dipendenze del cittadino e non viceversa.

Qui sotto il video (in inglese):


Ecco il passaggio di Clint in questione (traduzione personale, dal minuto 8'44'' del video):
"Ma vorrei dire qualcosa, signore e signori. Qualcosa che credo sia molto importante. Ovvero che siete voi, noi, coloro ai quali appartiene questo paese.
Si, appartiene a noi. E non è che appartiene a voi e non appartiene ai politici. I politici sono i nostri dipendenti.
Quindi, vanno e vengono ad elemosinare voti ogni tot numero di anni. E' sempre la stessa storia. Ma credo sia importante che vi rendiate conto che siete voi i migliori al mondo.
Che siate democratici o repubblicani, liberali o qualsiasi altro, siete i migliori. Non dovreste mai dimenticarlo. E quando qualcuno non fa il proprio lavoro, dobbiamo lasciarlo andare."
Questa dichiarazione, che ha fatto letteralmente impazzire la platea, rappresenta un tema caro a molti gruppi all'interno del movimento conservatore americano, e cioè che lo stato deve servire il popolo e non essere troppo presente nella vita dei suoi cittadini.

Ecco, questo si che è un concetto che dovrebbe tornare al  centro della politica italiana! Negli ultimi mesi, in risposta al crescente sentimento di anti politica, tutti i nostri eletti, in un modo o nell'altro, hanno confermato che "la sovranità (il potere) appartiene al popolo", che il "popolo è sovrano" e via dicendo. Tutti hanno anche riconosciuto la necessità di una "ripulita" all'interno della classe politica e promesso un'apertura alle nuove generazioni, ai giovani (espressione, quest'ultima, così fastidiosamente abusata). Nessuno degli attuali leader o politici di spicco però sembra essersi posto il problema dell'opportunità o meno di farsi da parte, anzi. Interessante, a tal proposito, l'elenco stilato dall'On. Pedica (Idv) dei 100 Deputati o Senatori da più tempo in Parlamento. Per carità, lungi da me l'idea di un limite al numero di legislature per le elezioni al Parlamento e onore a coloro (?) che hanno dedicato la propria vita al servizio della nazione. Al Governo, tuttavia, si, un limite di 2-3 mandati per il premier ci starebbe bene...

E così, mentre i nostri partiti navigano a vista alla ricerca della futura alleanza elettorale, il popolo, se va bene, quello che non vota per partito preso o seguendo una bandiera, s'interroga su chi sia il meno-peggio a cui dare la propria preferenza. 

Ecco cosa credo sia importante trarre dal messaggio di Clint Eastwood: la nostra classe politica, fatta da coloro che ogni giorno vediamo esibirsi nei vari TG o programmi di "approfondimento", più o meno arroganti, più o meno bravi, sono di fatto i nostri dipendenti. Siamo noi a pagargli lo stipendio e sono loro a dover rispondere a noi del loro operato. E' nostra la responsabilità di vegliare su di loro e assicurarci che stiano facendo ciò per cui vengono eletti (e profumatamente retribuiti). E, come dice Clint, "quando qualcuno non fa il proprio lavoro, dobbiamo lasciarlo andare" e avere il coraggio, aggiungo io, di votare qualcun altro o un altro partito. 

Il fatto un po' raccapricciante è che al momento sembra essersi creato, tra rappresentati e rappresentanti, tra il popolo e i politici, un grande vuoto, un abisso difficilmente colmabile. Una distanza che rende i due gruppi oramai incapaci di intendersi o di comunicare tra loro.

In Italia, allora, di cosa abbiamo davvero bisogno? Di nuovi politici o di un nuovo tipo di elettorato, attivo, attento e critico? Io opto per la seconda, perché solo un elettorato capace potrà determinare e cambiare per il meglio la futura classe politica.