06 maggio 2013

Ius soli e il dibattito sulla cittadinanza in Italia

da Francoforte sul Meno, Germania
Il Ministro Kyenge (Fonte: Corriere.it)

Le recenti dichiarazioni del Ministro Kyenge sullo ius soli, ovvero del diritto di cittadinanza legato al  Paese di nascita, hanno riacceso il dibattito su questo tema tanto importante quanto complesso. Ho provato ad approfondire l'argomento tenendo in considerazione cosa accade negli altri Paesi.

Ius soli vs. ius sanguinis
Innanzitutto cerchiamo di definire l'oggetto della discussione riportando le definizioni offerte dal Ministero dell'Interno dello ius soli e dello ius sanguinis:
"Lo "ius soli" fa riferimento alla nascita sul "suolo", sul territorio dello Stato e si contrappone, nel novero dei mezzi di acquisto del diritto di cittadinanza, allo "ius sanguinis", imperniato invece sull'elemento della discendenza o della filiazione. Per i paesi che applicano lo ius soli è cittadino originario chi nasce sul territorio dello Stato, indipendentemente dalla cittadinanza posseduta dai genitori."
Attualmente solo 30 paesi al mondo riconoscono il diritto di cittadinanza legato al paese di nascita. Dei paesi più industrializzati, solo USA e Canada lo riconoscono pienamente.

In Europa, solo Irlanda, Regno Unito, Francia e Germania riconoscono lo ius soli ma a certe condizioni: che almeno uno dei genitori sia cittadino; oppure che entrambi i genitori siano residenti regolari da almeno un certo numero di anni. La Francia offre comunque la possibilità di ottenere la cittadinanza dopo un certo numero di anni.

Come funziona il diritto alla cittadinanza in Italia? 
Il sito del Ministero dell'Interno chiarisce quelli che sono i principi findamentali che lo regolano: la trasmissibilità della cittadinanza per discendenza “iure sanguinis,” l’acquisto “iure soli” in alcuni casi, la possibilità della doppia cittadinanza, la manifestazione di volontà per acquisto e perdita. In estrema sintesi, la cittadinanza italiana viene concessa in questi casi: per matrimonio con cittadino italiano, per la residenza in Italia e sulla base di alcune leggi speciali. 

Entrando un po' più nel dettaglio, secondo le disposizioni vigenti, la cittadinanza può essere conferita:
  • Allo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età," entro un anno dalla suddetta data
  • Allo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni;
  • Allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio italiano da almeno cinque anni successivamente all’adozione;
  • Allo straniero che ha prestato servizio, anche all’estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato italiano;
  • Al cittadino di uno Stato U.E. se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio italiano;
  • All’apolide e al rifugiato che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio italiano;
  • Allo straniero che risiede legalmente da almeno 10 anni nel territorio italiano;
  • Ai figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana, se convivono con esso, [i quali,] divenuti maggiorenni, possono rinunciarvi, se in possesso di altra cittadinanza.
Di fatto, l'attuale normativa italiana sembra essere in linea con quella dei partner europei ed internazionali, fatta eccezione di USA e Canada. Nell'avanzatissima e democratica Germania, dove attualmente vivo, ogni bambino che nasce oggi da genitori stranieri riceve la cittadina tedesca solo se almeno uno dei genitori sia residente in Germania da almeno otto anni e con regolare permesso di soggiorno.

I motivi che spingono molti Stati a preferire l'applicazione dello ius sanguinis allo ius soli sono da ricercare soprattutto nel tentativo di controllare gli effetti dei movimenti migratori. E' facile intuirne alcuni elementi di criticità in paesi, come l'Italia, dove la percezione di un alto tasso di immigrazione irregolare è diffusa tra la popolazione. Uno di questi è l'idea che, laddove applicato, lo ius soli spingerebbe stranieri irregolari ad avere figli con la speranza che il loro bambino, cittadino per nascita, possa facilitare l'ottenimento di un permesso di soggiorno alla coppia di genitori. Questo è un argomento su cui si dibatte vivacemente da tempo negli USA, promosso dai detrattori dello ius soli, e che ha già portato paesi come l'Irlanda, l'India o Malta a passare dallo ius soli allo ius sanguinis.

Le posizioni del Ministro Kyenge: identità o integrazione?
Il Ministro Kyenge ha tuttavia ha premuto l'acceleratore sullo ius soli sostenendo che attraverso il diritto di cittadinanza è possibile "riuscire a dare identità a un milione di bambini di origine straniera che ancora oggi attendono di avere la cittadinanza italiana." 

La domanda che mi pongo è: di quale identità stiamo parlando? Oppure stiamo confondendo identità con  integrazione? Oppure, più meschinamente, stiamo cercando di utilizzare un tema estremamente sensibile ed emotivo, quale quello dell'immigrazione, con demagogia e per fini elettorali?

Per sgomberare il campo da quest'ultima possibilità, vorrei partire dal presupposto che i genitori stranieri di un bambino nato in Italia siano residenti regolari ed entrati nel nostro Paese nel rispetto delle leggi.

Detto questo, ogni bambino nato in Italia da genitori stranieri ottiene, fatte alcune eccezioni dovute a circostanze individuali, la stessa cittadinanza di uno dei suoi genitori (congolese, cinese, americana, boliviana, peruviana, ecc...) e cresce con il bagaglio culturale, religioso, familiare e sociale dei propri genitori e della propria famiglia. E' l'ambiente familiare più che la società, secondo me, la fonte principale per la formazione dell'identità dell'individuo.  

Dopodiché, per crescere bene e felicemente in un paese straniero bisogna sapersi integrare (cosa che sto imparando in prima persona in Germania, dove vivo da più di quattro anni). Concedere la cittadinanza ad uno straniero per aiutarlo ad integrarsi, quando si gode già di pieni diritti acquisiti grazie al permesso di soggiorno, non sarebbe di alcuna utilità se non si parlasse la lingua, non si fosse disposti ad accettare i costumi e le leggi del nostro paese, e così via. 

Il compito dello Stato diventa allora quello di facilitare il processo d'integrazione attraverso politiche mirate, favorendo l'apprendimento della lingua italiana, degli usi e costumi del nostro Paese e facilitando la partecipazione dei residenti stranieri alla vita pubblica.

Onestamente, io rimanderei qualsiasi discussione sullo ius soli fino a quando l'Italia non avrà risolto altre questioni ben più importanti: le già citate politiche per l'integrazione degli stranieri già legalmente residenti in Italia, la regolamentazione dei flussi in entrata, la questione dei richiedenti asilo (e la totale mancanza di una legge in tal senso) e i centri di identificazione ed espulsione (CIE), prima denominati centri di permanenza temporanea (CPT) la cui inefficienza e carenza strutturale li ha portati ad essere un motivo di imbarazzo per il nostro Paese.


Se ti interessano le posizioni sul tema della cittadinanza che i partiti hanno espresso in campagna elettorale, puoi visitare la sezione Politiche 2013 del Blog.



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