23 ottobre 2012

Obama-Romney e la politica estera americana

da Francoforte sul Meno, Germania
Le parole più utilizzate dai due candidati durante il dibattito (clicca l'immagine per ingrandire)
Ieri sera, la scorsa notte alle tre in Italia, Mitt Romney e Barack Obama si sono sfidati nell'ultimo dei tre faccia a faccia prima del voto di novembre. Luogo prescelto per l'incontro, la Lynn University di Boca Raton, in Florida. Dopo novanta minuti di dibattito, Obama si è aggiudicato anche il terzo e ultimo round, dopo il secondo ma dopo aver perso malamente il primo. Decisivo il parere delle donne. Vittoria che probabilmente, stando almeno ai primi sondaggi, non avrà l'effetto che i democratici speravano.

Interessanti, infatti, i risultati dei sondaggi di CNN/ORC International tra chi ha seguito il dibattito: secondo il 48% degli elettori registrati Obama si è aggiudicato la sfida sulla politica estera, contro il 40% a favore di Romney.

Circa sei spettatori su dieci hanno detto che Obama ha fatto meglio delle loro aspettative, contro il 44% di coloro che hanno espresso lo stesso giudizio su Romney. La strategia aggressiva di Obama gli ha portato un vantaggio (51% a 46%) alla domanda su chi è sembrato essere un leader più forte, a svantaggio tuttavia del grado di simpatia.

Per quanto riguarda la domanda sulla capacità dei candidati di gestire il ruolo di "Comandante in Capo", si tratta sostanzialmente di un pareggio, a tutto vantaggio, in realtà, del repubblicano dato che non è il candidato uscente. In particolare, è interessante il modo in cui uomini e donne giudicano diversamente i due diversamente: il 50% delle donne, infatti, vede bene Romney nel ruolo di Comandante in Capo, mentre la pensa così la maggioranza degli uomini. Lo stesso vale per la qualità di leader: le donne a favore di Obama, gli uomini a favore di Romney. Combinando le statistiche, Obama risulta essere il vincitore del faccia a faccia tra le donne, con un vantaggio di 22 punti, mente Romney lo è per gli uomini.

Entrando nel merito del dibattito, c'è da sottolineare l'aggressività di Obama, partito subito all'attacco di Romney. Quest'ultimo, a sua volta, ha sorpreso ancora per le sue posizioni piuttosto moderate. In molte occasioni, infatti, ha sostenuto di aver apprezzato o di condividere le scelte di Obama. Atteggiamento che ha fatto storcere il naso a non pochi commentatori repubblicani, come ad esempio Glenn Beck:


Altri, tuttavia, hanno giustificato l'atteggiamento di Romney corretto da un punto di vista strategico con l'obiettivo di tracciare una linea tra lui e Bush. D'altronde, nessuno in America (e non solo) vuole davvero una nuova guerra e Romney doveva dimostrare di sapere gestire anche le più delicati questioni di politica estera senza necessariamente avvalersi dell'uso della forza.

Così si parte con la prima domanda sul Medio Oriente (qui la trascrizione integrale del dibattito in inglese): i fatti di Bengasi, Libia. Romney adotta una linea cauta, complimentandosi con Obama per la cattura di Osama Bin Laden ma sottolineando che la situazione in Medio Oriente è completamente diversa da quelle che erano le aspettative degli americani agli inizi della Primavera araba e che c'è bisogno di una strategia di sostegno a lungo termine per eradicare l'estremsimo islamico. Obama risponde che la sua prima responsabilità è quella di proteggere gli americani per poi attaccare Romney qualche minuto dopo sull'Afganistan e la Russia. Romney, sostiene Obama, avrebbe indicato la Russia come pericolo numero uno per la sicurezza degli Stati Uniti. Romney lo corregge subito facendogli presente che lui aveva indicato la Russia come pericolo geopolitico, e Al Qaeda come pericolo alla sicurezza degli Stati Uniti.

Si passa poi alla Siria, ma qui i due candidati sono sostanzialmente d'accordo tra di loro. Romney tuttavia rassicura che non sarebbe sua intenzione quella di inviare truppe nel paese di Assad.

Quando poi si passa all'Egitto, i due candidati trovano una porta secondaria per parlare di economia. Lo spunto lo offre Obama dicendo che nel cercare di esportare sviluppo e democrazia in altri paesi, gli USA hanno tralasciato la crescita dell'economia nazionale: "E' molto difficile proiettare leadership nel mondo quando noi non stiamo facendo quanto dobbiamo..." Romney raccoglie la palla al balzo dichiarando come sia proprio il debito pubblico americano il pericolo principale alla sicurezza nazionale. I due poi si sono inoltrati sul ruolo delle piccole e medie imprese (Romney), dell'istruzione (Obama) e sui tagli. Obama, ad esempio, preferisce non aumentare il budget per le spese militari. Romney sostiene invece che quei fondi possono essere ricavati tagliando programmi ritenuti non indispensabili e altri, come l'Obamacare, che per costi e "gravità" andrebbero a pesare notevolmente sul bilancio.

Usciti dal discorso economico, il moderatore ha poi chiesto ai candidati di illustrare la loro posizione sulle "linee rosse", Israele e Iran: sareste disposti a dichiarare che un attacco contro Israele equivale ad un attacco agli Stati Uniti? Obama risponde in maniera affermativa, dicendo di aver costruito una solida alleanza con Israele e accusando Romney di aver preso spesso posizioni pericolose, che suggerivano un uso della forza "prematuro." Romney chiarisce di voler usare la forza solo come ultima opzione, ma non prima di aver criticato Obama per non aver fatto di più per "aumentare la pressione" delle sanzioni contro l'Iran. Romney inoltre non manca di rinfacciare ad Obama il fatto di essersi impegnato nel 2007 ad aprire un dialogo con gente come Chavez, Kim Jong-il , Castro, Ahmadinejad, e ad aver intrapreso quello che lui ha definito il "tour delle scuse" in Medio Oriente, e non aver mai visitato Israele durante la sua presidenza. Obama, smarcandosi dalla risposta, ha raccontato delle sue visite in Israele durante la campagna elettorale del 2007.

Parlando poi di Afganistan e Pakistan, lo scambio si accende sulla questione del ritiro delle truppe dal primo, e dell'opportunità di continuare ad avere rapporti bilaterali, e a quali condizioni, con il secondo. Obama attacca Romney accusandolo -a torto, ad onor del vero - di essersi sempre opposto al ritiro dall'Afganistan. Romney, in effetti, si è sempre opposto all'aver reso pubblica la data del ritito, criticando Obama per questo. In effetti, Romney ha sempre concordato sia sull'opportunità di lasciare l'Afganistan che sulla tempistica. Sul Pakistan, entrambi d'accordo sulla necessità di mantenere rapporti con un paese che possiede almeno un centinaio di testate nucleari in uno scenario tutt'altro che democratico.

La parte finale del dibattito è dedicata alla Cina, un altro momento per inserire nel dibattito elementi di economia nazionale, con Romney da una parte impegnato a sottolineare le carenze dell'amministrazione Obama nel gestire i rapporti commerciali sino-americani (vedi bilancia commerciale a netto favore dei cinesi), e il presidente, dall'altra, a difendere le sue politiche a favore dell'industria statunitense.

Si arriva quindi alle dichiarazioni finali. Di seguito un estratto per entrambi i candidati.

Obama: "Come Comandante in Capo, manterrò le forze armate più forti al mondo, avrò fiducia delle nostre truppe e perseguitò coloro che vorrebbero farci del male. Ma dopo una decade di guerre, credo che tutti noi riconosciamo il bisogno di fare un po' di ricostruzione qui a casa, di ricostruire le nostre strade, i nostri ponti e sopratutto di prenderci cura dei nostri veterani che si sono sacrificati così tanto per la nostra libertà. [...] se avrò il privilegio di essere il vostro presidente per altri quattro anni, vi prometto che ascolterò sempre le vostre voci. Combatterò per le vostre famiglie e lavorerò ogni singolo giorno per assicurarmi che l'america continui ad essere la più grande nazionale al mondo."

Romney: "Questa nazione è la speranza del pianeta. Siamo stati benedetti nell'avere una nazione che è libera e prospera grazie al contributo de "la più grande generazione" (riferimento alla generazione dei combattenti della II Guerra Mondiale, ndr). Loro hanno tenuto alta la torcia affinché il mondo la vedesse - la torcia della libertà, della speranza e dell'opportunità. Ora, è il nostro turno di prendere quella torcia. Sono convinto che lo faremo. Abbiamo bisogno di una leadership forte. Vorrei essere quel leader con il vostro sostegno. Lavorerò con voi. Vi guiderò in un modo aperto e onesto, e chiedo il vostro voto. Mi piacerebbe essere il prossimo presidente degli Stati Uniti per sostenere e guidare questa grande nazione e assicurarmi che tutti insieme manterremo nell'America la speranza del mondo."

Dagli appelli dei due candidati al voto del 6 novembre ci aspettano due settimane di intensa campagna elettorale e di tv, radio, Internet e stampa inondati di spot pubblicitari. unico obiettivo: la conquista degli stati chiave. I dati dei sondaggi non lasciano più credere ad una vittoria scontata, o facile, per Obama. Tutt'altro. Romney ha dimostrato con la vittoria al primo faccia a faccia di saper tener testa al presidente in carica al punto da risalire nei sondaggi e superare Obama a livello nazionale.

Insomma, in attesa di un'eventuale "sorpresa d'ottobre" - la famigerata "October Surprise", ovvero quello scoop capace di mettere ko l'avversario dal punto di vista d'immagine e politico - non rimane che osservare l'andamento dei sondaggi da qui a qualche giorno e vedere chi, tra i due candidati, saprà reagire meglio e sarà più capace di interpretare al meglio i bisogni  e le speranze degli americani.